La Pieve

Della pieve di S. Giovanni in Compito si hanno notizie a partire dal VII secolo, come testimonia un papiro ravennate, che documenta la presenza di un edificio religioso in ambito rurale. Un’altra fonte è costituita dal codice Bavaro, del X secolo, che ricorda a San Giovanni una ecclesia e una basilica Sancti Petri.

Il Compito si trovava al confine tra la diocesi di Rimini e quella di Cesena: nel punto dove, in un tempio o in un santuario pagano, si veneravano in antico le divinità compitali, nel VII secolo si praticava già il culto di San Giovanni, e, con ogni probabilità di San Pietro. La dedica a San Giovanni può richiamare una cristianizzazione per fontes, dal momento che nella chiesa esisteva un battistero.

Il santo guaritore si lega poi al fuoco, alle erbe e alle acque; Pietro invece richiama un culto antico che spesso subentrava a quello di Giove: è probabile quindi che in età romana, nei pressi della pieve o della basilica di S.Pietro sorgesse quel tempio di culto di cui il museo conserva ancora alcuni materiali. Solo nel X secolo per la chiesa di S.Giovanni si usa il termine plebs, ad indicazione sia dell’edificio che del territorio relativo, cioè il plebato.

Non sappiamo se l’attuale impianto della Pieve di San Giovanni ricalchi quello del VII secolo, in quanto la struttura risale al X-XI secolo, collocandosi in piena età romanica.
La facciata indica già la struttura interna a navata unica e presenta un innaturale abbassamento testimoniando i numerosi restauri e rifacimenti.

Essa si chiude con due ampie lesene e con un tetto a doppio spiovente; sulla porta si aprono una monofora e una bifora, rimesse in luce durante i restauri del 1927.
L’edificio si chiude ora con un’abside rettilinea, frutto dei restauri del 1959-60, conseguenti ai danni bellici: durante tali restauri, nel rifare il pavimento, si sono ritrovate le fondazioni dell’abside semicircolare distrutta pochi anni prima del 1827.

Nel 1960 sono riemersi pure i resti dell’antico arco absidale di cui si notano due momenti costruttivi. La Pieve è da sempre stata considerata il primo Museo del Compito, poiché sia in facciata sia all’interno compaiono diversi materiali antichi di reimpiego.
In facciata, l’architrave della porta costituito da una lastra di marmo chiusa da un listello liscio e decorata da una treccia a due nastri viminei risale all’XI secolo. Sempre in facciata sono inseriti anche due elementi lapidei, entrambi riferibili all’XI secolo.

Entrando nella Pieve sono subito visibili due pregevoli capitelli-acquasantiere di tipo cubico dell’XI secolo: quello a destra, di marmo cario, è decorato con tralci ricchi di pampini e con acanti fioriti; quello di sinistra, di calcare centro-appenninico, è decorato con foglie d’acanto stilizzate. Sempre dello stesso periodo è il capitello frammentario che regge il leggio presso l’altare, decorato con intrecci e foglie plastiche.

Collocabili invece all’età romana, I secolo d. C., sono due lastre in marmo rosa di Verona, una collocata come mensa dell’altare, e tagliata probabilmente da un monumento funerario romano, l’altra utilizzata come soglia d’ingresso della Pieve.
Quest’ultima costituiva probabilmente una lastra di base per la balaustra di un recinto funerario, in cui una serie di pilastrini parallelepipedi, posti di spigolo e incassati nei tipici riquadri, realizzavano la fronte del recinto.

Tra i restanti materiali, infine, è degna di nota una semicolonna frammentaria, estratta nel 1962 dal muro nord della Pieve e ora sita a destra dell’altare, su cui è resa in negativo una croce monogrammatica a braccia espanse fiancheggiata dalle lettere apocalittiche alfa e omega pendenti da catenelle.

Don Giorgio Franchini